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La Nottata.

27 ottobre 2006 • By

L’altro giorno, per motivi molto comuni nell’ambiente che frequento, ho lavorato tutto il giorno e tutta la notte, sono andato a letto alle sei del mattino, ho dormito fino alle otto, sono uscito, ho consegnato il lavoro, sono tornato a casa, ho finito un altro lavoro che ho consegnato alle due di pomeriggio e poi sono andato a dormire.
Era da un po’ che non lo facevo.
Anzi, dirò di più, avevo paura di non essere più in grado di farlo, negli ultimi mesi, reggevo fino alle due, due e mezza e poi svenivo sulla tastiera.
Essere in tensione perché forse non si è più grado di “fare nottata”, lascia intendere come sia realmente un lavoro in ambito artistico, nel mondo la fuori, noi siamo quelli che ci divertiamo e basta, che lavoriamo senza fatica, mossi dal sacro fuoco dell’ispirazione che ci piomba a caso, grazie al cazzo, dall’alto.
L’altro giorno, forse per la paura di aver perso il potere di “fare nottata”, forse perché era davvero essenziale la consegna in atto, con pochissime sigarette, un solo caffè e Milano nebbiosa fuori dalla finestra, ho tirato tutta la notte, staccando giusto un paio d’ore, mentre il giornalaio sotto casa alzava la serranda.
Chissà se ha guardato in alto, vedendo la mia luce accesa.
Al mio Boss, molto molto esigente, il prologo che ho consegnato è piaciuto, io ero troppo stanco per gioire ma sono sicuro di aver sorriso e di aver detto grazie.
Della seconda consegna, non ho memoria, ma ho una mail che testimonia che il lavoro l’ho fatto e che andava pure bene.
Sembrerà paradossale ma “fare nottata” è l’elemento che unisce tutti quelli che lavorano nel mio settore, lo sguardo testosteronico di chi, se vuole, lavora venti, ventidue ore di seguito, è una delle cose che ci unisce come categoria, di fronte alla nottata saltano tutte le parrocchie, tutti i malumori e le differenze, e io lo trovo favoloso.
La Nottata è un club, un circolo molto esclusivo, fatto di tapparelle mezze abbassate, silenzio, una città a caso fuori dalla finestra che si sveglia anche lei, lentamente.
E’ un club di gente che prepara caffettiere in silenzio, per non svegliare chi dorme morbida nell’altra stanza, è un club di sospiri, e di decisioni tipo: ormai è troppo tardi, tantovale che vado avanti, è un circolo di gente che non ha paura del mal di schiena, che si alza ogni tanto dal tavolo, si stiracchia, da un’occhiata stanca alla libreria, scoprendo un libro che non si ricordava di aver comprato.
Innominabili spuntini, posaceneri svuotati, una sirena lontana, il rumore dei camion della spazzatura, luce tra le nubi e l’alba che ti sorprende tra un aggettivo e l’altro.