Coronavirus, tutto quello che abbiamo accettato

Abbiamo accettato l’assenza di contraddittorio. I media sono la voce del governo.
Non ci sono dubbi sul suo operato, anche se fino a cinque minuti prima quello stesso esecutivo era definito come incapace e sgangherato. I dubbi, le problematiche profonde legate alla composizione del medesimo, non sono diventati dei non argomenti. All’improvviso, una classe politica arrivata dov’è grazie al gioco delle tre carte si è trasformata in una magna assemblea di statisti.
Parliamo degli stessi statisti che all’inizio di febbraio hanno pensato che bloccare i voli diretti da e per la Cina fosse la soluzione.
Le parole costruiscono la nostra realtà, e quelle usate per raccontarci il disastro che stiamo vivendo sono state scelte con cura e attenzione. Si parla di emergenza sanitaria legata alla pandemia del Covid19. Un altro modo per dirlo è: emergenza del SSN che, dopo essere stato smantellato e devastato per decenni, non è in grado di fare fronte alla pandemia del Covid19. L’imperativo è che il problema sia soltanto legato al virus, non alla scellerata gestione pregressa del servizio sanitario italiano.
La cosa tremenda è quei pochi pezzi rimasti in piedi del nostro SSN li stanno tenendo assieme quelli che lavorano sul campo rischiando la vita. Non gli statisti di cui sopra.
Gli statisti di cui sopra non hanno dato da subito delle linee chiare di intervento. Mascherina sì, mascherina no, dove ti nascondi mascherina, fate un po’ la minchia che vi pare tanto le mascherine non ci sono.

Abbiamo abbracciato una nuova religione, la scienza. E lo abbiamo fatto nel modo più antiscientifico possibile, rivolgendoci ai virologi come ci rivolgevamo agli aruspici.
Il problema è che la scienza segue solo la scienza, quindi se metti quattro scienziati nella stessa stanza avrai quattro opinioni scientificamente corrette diverse.
La necessità dell’assenza di contraddittorio ha favorito un cherry picking politeistico, dove si sceglie di dare risalto soltanto agli dei/scienziati che sposano la linea del miglior governo possibile immaginabile, che compie le migliori scelte possibili immaginabili.

Abbiamo accettato il dogma: stando a casa si sconfigge il virus.
Purtroppo, stare a casa non sconfigge il virus manco per il cazzo. L’isolamento aiuta il SSN a gestire l’emergenza negli ospedali e riduce la sua diffusione. Tutto qui.
Il virus, quello c’è e rimane.
Il Covid19 è un virus zoonotico, l’unico modo per debellarlo in modo assoluto e definitivo è un’ecatombe atomica di pipistrelli. Puoi trovare un vaccino, puoi trovare una cura specifica, puoi allontanarlo temporaneamente, ma non farà la fine del vaiolo umano che ora vive solo in un vetrino. Il Covid19 rimarrà sul nostro pianeta per sempre, almeno fino a quando ci sarà anche un solo ratto volante infetto.
(Ammesso che sia corretta la tesi che questo virus arrivi dai pipistrelli)
Siamo chiusi in casa da quaranta giorni a causa di un virus che ha un tempo di incubazione di quindici giorni e che si trasferisce per via aerea in spazi chiusi. Ma questo è solo un micragnoso dettaglio.
Perchè abbiamo accettato di assumerci le conseguenze di responsabilità che non sono nostre.
In sostanza abbiamo accettato il fatto che se i contagi non scendono a 0 è soltanto colpa di quelli che escono di casa.
Restare a casa è l’unico modo per affrontare un’emergenza non affrontabile in altri modi per l’assenza colposa di alternative da parte del governo. È il trasferimento completo delle responsabilità verso i cittadini. Qualcuno di loro, in passato, avrà anche votato per quelli che hanno fatto a pezzi il SSN, o per quelli che hanno gestito la cosa in modo confuso fin dall’inizio, ma dubito che l’abbiano fatto in piena coscienza.

Abbiamo accettato la linea: non è possibile fare tamponi a tutti. Quindi non si fanno. Non ci sono laboratori sufficienti, non ci sono reagenti sufficienti, non ci sono tamponi sufficienti, e poi andrebbero ripetuti eccetera eccetera.
Eppure ogni giorno qualcuno ci da dei numeri.
Non si può sapere il numero totale dei contagiati perchè non a tutta la popolazione è stato fatto il tampone, lo si può dedurre dai dati, nulla di più. Non si conosce il numero reale dei deceduti perchè non vengono inseriti quelli morti in casa o nelle case di riposo.
I numeri che vengono snocciolati ogni giorno sono la versione Covid19 dei numeri del lotto. E proprio come accade con il lotto, noi a quei numeri affidiamo tutte le nostre speranze.

Abbiamo accettato il crollo dell’economia.
Non tutta però, Il Covid19 si è limitato a distruggere soltanto il reddito da lavoro, non il reddito da capitale, infatti le borse sono rimaste aperte. Aperte a tutte le speculazioni del caso, e quando leggi: speculazione significa che dall’alto lato c’è qualcuno che sta facendo milioni.
La distruzione del reddito da lavoro avrebbe dovuto, perlomeno, mettere in discussione qualcuno degli aspetti del capitalismo. Non dico tutti. Diciamo due. Invece no. Si cerca di porvi rimedio chiedendo dei capitali in prestito, per dare la mancia ai cittadini. Capitali che l’Europa non ci vuole dare. Europa che diventa il nostro nemico numero due, dopo il virus cattivo cattivo.
A me viene in mente il terremoto. Quello in Irpinia.
La cifra stanziata dal governo di allora per la ricostruzione fu di 50.620 miliardi di Lire. Non riesco neanche a scriverlo per convertirlo in Euro. Però la cosa che riesco a scrivere è che sappiamo tutti che fine ha fatto la maggior parte di quella cifra e forse lo sanno anche in Europa.

Abbiamo accettato che il presidente del consiglio di una nazione sovrana comunichi ai cittadini le leggi appena approvate attraverso una piattaforma digitale privata. Quotata in borsa. Con sede in un’altra nazione. I media tradizionali si sono limitati a ritrasmettere ciò andava in onda su Facebook.
Non abbiamo trovato nulla da eccepire, anche se paghiamo tutti il canone RAI in bolletta.
Quanto ha guadagnato Zuckerberg grazie a quelle dirette? Non possiamo chiederli a lui i soldi che ci servono?
Una nazione intera ha saputo di essere agli arresti domiciliari tramite una comunicazione partita un social network, tra una bufala e un gattino, tra un meme e un buongiornissimo caffè.
Non al bar però.
Non più.

Abbiamo accettato l’assenza di proposte concrete per il futuro.
La maggior parte di noi è rimasta a casa, rinunciando a vivere le proprie vite, rinunciando al lavoro, agli affetti, a tutte quelle cose che in una democrazia si danno per scontate.
Siamo rimasti a osservare grafici e curve, perdendo il lavoro, il reddito, la possibilità di programmare quello che faremo dopo. Se esiste un dopo.
Non basta un cartello con scritto sopra andràtuttobene, servono progetti che esulino dal chiuderci in casa. Progetti che non vedo, o che si scontrano con la realtà vera, quella per esempio dei server dell’INPS al collasso e i commercialisti in crisi di panico.

FONTI:
Intervista a David Quammen
Intervista a Enersto Burgio
Intervista a Giulio Tarro

 

 

 

1 thought on “Coronavirus, tutto quello che abbiamo accettato

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *