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Diegozilla Lab

Fumetto, Scrittura, Workshop

Diegozillab: Fase 2_Scrivere Fumetti_Lezione 3.

10 marzo 2011 • By

Per cui, tieni bene in mente le vignette.
Le vignette saranno il tuo mondo, il tuo spazio, le coniugazioni del linguaggio che vuoi usare.
La storia passa attraverso quello spazio, uno spazio preciso, delimitato e delimitante.
La vignetta è la nostra unità narrativa, fa parte di un flusso, avrà altre vignette di fianco e altre vignette sopra e sotto.
La vignetta è l’occhio con cui guardi la storia. Ha una sua dimensione reale e una sua dimensione “virtuale”. E’ necessario dominarle entrambe per raccontare una storia attraverso la giustapposizione di vignette.
Dimensione reale: Una vignetta ha dei confini. Ha un margine alto, uno basso, uno destro e uno sinistro. Ha un “fondo”, e un “davanti”.
Le cose possono essere vicine al margine destro, sinistro, alto o basso. Le cose possono essere sul fondo della vignetta, o molto vicino a noi, verso il davanti.
Quando descrivi quello che va messo dentro la vignetta, ricordati di usare questi punti come riferimento. Se serve. Posizionare le cose relazionandosi ai margini è utile e rende tutto immediatamente chiaro.
Paolino di spalle, vicino al margine sinistro, in secondo piano, per noi frontale c’è il Drago Piero.
I punti di riferimento quindi, sono i confini della vignetta stessa.
Questi confini ti servono per scrivere con chiarezza. Ti servono per descrivere quello che hai visto mentalmente, per dare indicazioni comprensibili, prima di tutto a te stesso.
Perché, ripeto, se quello che ti è venuto in mente non può essere raccontato attraverso vignette, allora non è un fumetto. E’ qualcos’altro.
Dimensione virtuale.
Sei a teatro. In terza fila. Quello che vedi è un inquadratura fissa. L’unica cosa che cambia nel tuo punto di vista, è che ogni tanto si inserisce la nuca del tipo seduto davanti a te.
E se a teatro tu potessi staccarti testa, teleguidandola come ti pare per osservare la scena come ti piace di più, a seconda di quello che succede?
Monologo drammatico? Mi stacco la testa e lo osservo dal basso.
Scena epica di lotta tra antichi egizi? Mi stacco la testa, volo e osservo tutto dall’alto.
Poi scendo, seguo il protagonista. Infilza uno. Lo guardo più da vicino.
Ecco. Il fumetto, come il cinema, i videoclip, e quellecoselì, basa la sua forza narrativa sul variare del punto di vista. Inquadrature non fisse. Non uguali, ma diverse l’una dall’altra, soprattutto se sono vignette vicine.
Lo spazio virtuale della vignetta, ovvero il “come” inquadro quello che inquadro, è uno spazio virtualmente infinito.
E’ prendere la propria testa, staccarla, e andare in giro a guardare le cose dal punto di vista che ci piace di più. Non ci sono limiti.
Anzi, siccome il fumetto è un campo ricco di paradossi, ci sono un sacco di limiti.
Per descrivere il “come”, si usa un linguaggio tecnico, ereditato in parte dal cinema. Purtroppo, spesso, si fanno i conti senza l’oste.
Le cose dentro le vignette sono cose ferme. Immobili.
Il tuo immaginario, come abbiamo già visto, è invece in movimento.
Il linguaggio che usi per sceneggiare è, in parte, derivato da un linguaggio che si usa per descrivere cose in movimento. Il cinema.
Capisci perché ci si incasina così facilmente?
In nostro aiuto arriva la Settimana Enigmistica.
- Che cazzo c’entra la Settimana Enigmistica, adesso?!
C’entra… C’entra.
Bisognava leggere un po’ di più la Settimana Enigmistica e un po’ meno (mettere nome a caso di autore di culto, imprescindibile per le nuove generazioni di sceneggiatori) e tutto era chiaro.
Vignette.
Una di fianco all’altra. Una sotto l’altra, eccetera.
Dentro le vignette cose immobili.
Pensaci.
Ti è chiaro che l’unico modo che hai per percepire dei movimenti, dei personaggi o del “modo” con cui inquadri le cose, è legato al percepire le differenze tra una vignetta e l’altra.
Come il giochino.
Solo che siccome siamo grandicelli, il nostro gioco delle differenze tra il primo e il secondo disegno è molto più complesso. Riguarda il che cosa è disegnato e contemporaneamente anche il come è disegnato.
Azione e reazione.
Vignetta 1: Azione. Vignetta 2: Reazione.
Questo rapporto dinamico, portato ai suoi massimi livelli, è il racconto a vignette.
Prima di passare, con la prossima lezione, al famigerrimo linguaggio tecnico, devi avere ben chiaro la semplicità delle “differenze” tra una vignetta e l’altra.
Capire il concetto di Azione e Reazione.
Vederlo su: vignetta 1: Gino che spara, vignetta 2: Titti che muore, è abbastanza semplice.
Ma prova, come esercizio, a smontare una sequenza del tuo fumetto preferito, notano, annotando mentalmente tutte le differenze tra una vignetta e l’altra, e vedi un po’ che cosa si scatena.
Fotocopia una pagina.
Prendi un pennarello rosso, e segnati le differenze di cosa e di come. Come se fosse una versione complessa del giochino della Settimana Enigmistica.
Se ti va, mandamelo.

Prossima lezione, il primo giovedì di Aprile.
Eventuali domande, come sempre nei commenti, grazie!


Fumetto, Scrittura, Workshop

Diegozillab_Fase 2_Scrivere Fumetti_Lezione 2

24 febbraio 2011 • By

Mi scuso per l’attesa e ringrazio per la pazienza dimostrata di fronte ai miei triboli.
Allora. Dicevamo:
Semplifica il tuo pensiero. Apri un fumetto qualsiasi, guardaci dentro, che cosa vedi?
Dopo le varie fasi di assestamento mentale, in molti ci sono andati vicini.
Io l’avevo detto nel commenti. Nelle pagine dei fumetti ci sono:
Quadrati, rettangoli e altre forme.
Sono messi uno accanto all’altro.
Dentro ci sono delle cose.
Ecco.
Quella è la radice del linguaggio del fumetto.
Rettangoli e quadrati con dentro delle cose.
Quelle forme le chiamiamo vignette. Anche solo per sentito dire, sappiamo che le vignette dei fumetti sono giustapposte l’una con l’altra.
Ovvero: accostate non a minchia, ma con una logica. Le vignette giustapposte sono, in pratica, messe: “al posto giusto”.
Anche solo per sentito dire, sappiamo che tra una vignetta e l’altra c’è uno spazio bianco, la closure, ed è importantissimo perché lì dentro succedono cose. Lo dice McCloud.
Non ho capito se lo dice prima di andare al Madison Square Garden a vedere il wrestling, o prima di affrontare il Kurgan. Ma adesso non importa, credo.
Scott McCloud: “Capire il Fumetto”, Vittorio Pavesio Production. Te la racconta a fumetti, in duecentoerottipagine. Siccome “Capire il Fumetto” per un fumettista o un aspirante tale, equivale al Manuale delle Giovani Marmotte per i nipoti pennuti, presumo che tu l’abbia già letto.
[Parentesi. Come per la faccenda de: “Il viaggio dell’eroe” premetto che non ho nulla contro Scott e i suoi libri. Provo un certo fastidio nei confronti di chi, soprattutto in ambito didattico, ha sfogliato “Capire il Fumetto”, ci ha visto la luce, e usa il libro come lo scudo di Capitan America. (Parentesi nella parentesi. A mio avviso, la parte più interessante di “Capire il Fumetto”, è l’analisi dei passaggi tra vignetta e vignetta. Se facciamo un corso avanzato, ne parleremo sicuramente)]
Torniamo davanti alle nostre vignette. Guardale bene. Assapora la loro giustapposizione.
Poche righe fa ho detto che la vignetta è la radice del linguaggio del fumetto.
La vignetta è il nostro mondo, la vignetta è l’unica dimensione che esiste se vuoi raccontare una storia usando il fumetto.
Da scrittore, la vignetta diventa l’unico e il solo spazio mentale dentro al quale ti puoi muovere. Se vuoi scrivere fumetti devi iniziare a ragionare direttamente in vignette.
La storia che vuoi raccontare, che nasce come flusso unico di pensiero narrativo, devi parcellizzarla, giustapporla in immagini singole. Ricordandoti di non perdere mai di vista il senso di quella storia nel insieme.
E’ come spingere un uovo sodo attraverso una zanzariera.
Se prendi un uovo sodo e inizi a premerlo contro la griglia della zanzariera, vedrai che alcune cose passano dall’altro lato, altre no.
Alcune parti dell’uovo non attraversano i piccoli buchi della zanzariera, e ti rimangono in mano.
Quello che passa dall’altro lato, sotto un certo punto di vista, è l’essenziale dell’uovo sodo.
La stessa cosa succede quando, ragionando in vignette, giustapponi e parcellizzi un flusso narrativo.
Devi buttare via qualcosa. O meglio: Come dicevo nell’altra lezione, devi scegliere.
Scrivere fumetti significa scegliere.
Scegliere l’immagine mentale migliore, la scena migliore, il concetto imprescindibile, il momento drammatico fondamentale, la cosa più giusta da mettere in quella vignetta in quel preciso momento della giustapposizione.
Scegliere. Tenendo presente la vignetta precedente, quella successiva, quella sotto, la sequenza, la pagina, e l’intera storia nel suo complesso.
(Mi sono ripetuto. Si. Ma non fa mai male ribadire le cose importanti)
La vignetta determina e condiziona il tuo spazio narrativo. Perché, se l’unico spazio che hai per raccontare le cose che vuoi raccontare è la vignetta, è logico che più elementi hai, più vignette di serviranno. E più vignette ti servono, più lo spazio si dilata, le pagine aumentano, le sequenze si allungano, e via discorrendo.
In un mondo editoriale dove, di norma, se fai fumetti di un certo tipo, hai a disposizione un numero limitato e prestabilito di pagine, lo spazio è una cosa che devi gestire in modo cosciente e razionale.
Soprattutto se hai una formazione letteraria.
Mi spiego meglio. Esempio:

“ Quasi tutti pensavano che l’uomo e il ragazzino fossero padre e figlio.
Attraversavano il paese diretti a sudovest su una vecchia Citroen, tenendosi sulle strade secondarie, sostando spesso. Si fermarono in tre luoghi prima di giungere a destinazione; la prima volta nel Rhode Island, dove l’uomo alto coi capelli neri lavorò in una fabbrica tessile; quindi a Youngstown, nell’Ohio, dove passò tre mesi alla catena di montaggio d’una fabbrica di trattori; e infine in una piccola città californiana vicino al confine con il Messico, dove fece il benzinaio e si mise a riparare le piccole auto europee con un successo che gli riuscì del tutto imprevisto e gradito.”
(Stephen King , Le Notti di Salem, Bompiani)

Una manciata di righe. Le informazioni sono tantissime in pochissimo spazio. Il flusso di pensiero narrativo è ampio e articolato.
E’ una mezza paginetta di un romanzo di oltre quattrocento pagine. E’ “poco” in termini di spazio occupato, ok?
Funziona per immagini evocative, come abbiamo detto. Sono immagini che nella mente di chi legge si formano in movimento, come abbiamo detto.
Che cosa succede quando prendo quella manciata di righe e la trasformo in fumetto?
Per prima cosa succede che cambia il lettore.
A leggere la mia sceneggiatura non sarà “l’utente finale”, il lettore. Il lettore che comprerà il fumetto si leggerà il fumetto completo, quando sarà realizzato, non la mia sceneggiatura.
Lo sceneggiatore quindi, scrive per un lettore intermedio. Anzi due.
L’editor che valuterà la sceneggiatura e il disegnatore che la disegnerà.
Questo cambia un sacco di cose. (Ma le vedremo nella lezione 3)
Poi. Devo trasformare le immagini indirette in immagini dirette.
Poi. Devo parcellizzare, giustapporre, scegliere. Spalmare l’uovo contro la zanzariera.
Devo scegliere.
Come tutte le cose che si scelgono, per qualcun altro le scelte compiute possono essere giuste o sbagliate, e su questo non ci piove.
Per trasformare quel pezzettino di romanzo in un fumetto potrei usare delle belle didascalie giganti, infilandoci il testo così com’è, con un illustrazione generica. Ma a me quel sistema fa cagare, perché non significa sceneggiare.
Sceneggiare equivale a scegliere e a tradurre un linguaggio narrativo in un altro linguaggio narrativo.
Con delle modifiche necessarie.
Quella manciata di righe, probabilmente sbagliando, la sceneggerei così:


Vignetta 1: Vediamo l’interno di un’ officina, un uomo sui 35 anni in tuta blu, sta lavorando, ha le mani nel cofano di una 2 Cavalli, sta trafficando con degli attrezzi.
L’officina è abbastanza ordinata, un po’ buia, con attrezzi e pezzi di ricambio messi su degli scaffali che vediamo sullo sfondo.
Vediamo una donna di spalle, avvicinarsi all’uomo che sta trafficando nel cofano della 2 Cavalli.

Donna: Disturbo?… tuo figlio mi ha detto che eri qua dentro…


Vignetta 2: L’uomo alza la testa e ci guarda, sorride, ha un sorriso aperto e gentile.


Uomo: Non è mio figlio…


Vignetta 3: L’uomo e la donna in piedi, nel centro dell’officina.
L’uomo si pulisce le mani con uno straccio che ha visto tempo migliori, guarda verso la donna, lei si guarda attorno, come se volesse esaminare lo stato di salute dell’officina.


Donna: Credevo lo fosse…
Uomo: Lo pensano in molti… Di che cosa hai bisogno?

Ho usato una zanzariera ipotetica, senza coniugarla a un formato vero ed esistente.
Noti che lo spazio narrativo è aumentato in modo esponenziale?
Non ho ancora raccontato tutto quello che c’era un quelle righe, e non siamo nemmeno vicini ai confini del plot. Spazio. Serve spazio.
Da qui, l’errore comune secondo cui a fumetti puoi raccontare solo minchiate.
Non è vero.
Avendo lo spazio adatto, puoi raccontare tutto quello che vuoi.
E se non hai lo spazio adatto?
BEEEEP!
Errore.
Non è lo spazio ad essere sbagliato, l’errore è nella storia che vuoi raccontare.
Per scrivere fumetti, oltre a pensare in vignette, devi anche pensare alla storia in funzione dello spazio che hai.
Sbagliatissimo infognare e comprimere una storia, in un fumetto che non ci sta.
Partendo da un approccio letterario, spesso è proprio questo il primo errore.
Certo, puoi cambiare le dimensioni dei fori della zanzariera, forzandoli, ottenendo spesso risultati disastrosi. Vignette densissime, dialoghi torrenziali, spiegotti infinti e via discorrendo.
Eppure, attraverso quella zanzariera può passarci una Sequoia, ma devi saperlo prima che l’albero che hai mano devi farlo passare attraverso quei fori.

Eventuali domande, nei commenti. Grazie.
Se qualche domanda necessita di una risposta lunghissima, verrà trasformata in una lezione 2 bis.
La lezione 3 è prevista per Giovedì 10 Marzo.


Fumetto, Scrittura, Workshop

Diegozillab_Intervallo!

4 febbraio 2011 • By

Siccome non sono un uomo vero, ieri ho fatto del lavoro fisico e ho le mani tutte rotte.
Vesciche, tagli, sbreghi e cose così.
Per cui, ho copiato e incollato i miei commenti alle mail e ho risposto a tutti uno per uno, che mi fa meno male che scrivere sulla tastiera.
Penso di aver risposto a tutti.
Se manca qualcuno, me lo dica qui nei commenti che rimedio.
Vado a cambiare i cerotti.

La lezione di oggi, che poi era di ieri, è molto semplice.
E’ una pre-lezione.
Prima di andare avanti dobbiamo capire una cosa, e l’unico modo per capire quella cosa è usare il metodo del Maestro Kesuke Miyagi:

Apri un fumetto.
Dimmi che cosa vedi.
Ma per vedere devi dimenticare tutto quello che sai.
Se lo “vedi”, hai in mano le chiavi del regno della sceneggiatura.

Le risposte, qui nei commenti, please!


Fumetto, Scrittura, Workshop

Diegozzilab_ Esercizi_Cumulativo!

2 febbraio 2011 • By

Bene.
Si fanno i conti senza l’oste, mentre l’orso si staglia su un cielo a pecorelle con davanti i buoi, pieni di botti ubriache e di mogli dei paesi che hanno le loro usanze.
Tutto questo per dire che la mia mail di Yahoo ha dato i numeri. Tipo che non mi fa più fare reply, ma devo ogni volta digitare l’indirizzo da capo.
Sono pigro. Lo so che dovevo farlo solo cento e passa volte, ma sono pigro.
Per cui i compiti vengono commentati qui.
Allora:
SONO MOLTO SORPRESO.
Nel senso buono.
Avete fatto un lavoro molto valido, la media è piuttosto alta e con un paio di vette.
Mi verrebbe voglia di aprire un blog parallelo e postare i vari racconti. Ma, per ora, non ho il tempo di farlo.
Comunque, tornando a noi…
In termini generali ve la siete cavata di “italiano”.
Avete gestito la cosa usando linguaggi, stili e forme molto interessanti.
Il che vale per l’universo: “racconti”, ma potrebbe essere un problema per l’universo: “fumetto”.
Molti dei vostri racconti sono buoni per come sono stati scritti, hanno uno stile fluido e nonostante la limitazione delle battute, lasciano un buon sapore alla fine della lettura.
Sappiate che sarà molto molto molto difficile, se non impossibile, trasformare quel mood in un fumetto.
Lo so che l’esercizio era un racconto, ma io mi porto avanti, no?
Di base, a occhio, posso dire che l’atmosfera del racconto può essere, in parte, evocata anche da un eventuale fumetto se chi scrive se lo disegna anche.
Gli autori completi partono in vantaggio su questo genere di cose.
Notevole anche il fatto che quasi tutti avete optato per un unico colpo di scena che esplode sul finale.
Ne sapete, ragazzi… Ne sapete.
Ecco.
Se hai bisogno di qualche mio commento più specifico possiamo parlarne, se non ti scoccia, nei commenti. Facciamo prima.
Mentre se qualcuno vuole farsi avanti per aprire e gestire il blog parallelo, che si manifesti e sarà accolto con un applauso!

Domani.
Anticipo subito che la lezione di domani sarà un Diegozillab serale.


Fumetto, Scrittura, Workshop

Diegozillab: Fase 2._Scrivere Fumetti_Lezione 1

20 gennaio 2011 • By

Houston abbiamo un problema.
Scrivere e Scrivere Fumetti non sono la stessa “cosa”. Il pensiero comune è che per scrivere fumetti sia sufficiente scrivere in modo diverso. L’errore è dovuto al fatto che alla base di entrambe le macchine narrative ci sia un telaio comune.
Eppure, quando gli scrittori “normali” si lanciano nella scrittura dei fumetti, si accorgono subito che la situazione non è così semplice come appariva a prima vista.
Non è soltanto una questione di linguaggi. C’è altro, molto altro.
Il primo elemento da prendere in considerazione è che per scrivere fumetti si devono maneggiare delle immagini dirette e non delle immagini evocative.
Mi spiego meglio: romanzi, racconti, eccetera utilizzano le parole per costruire una serie di immagini nella mente del lettore. Lo stile di scrittura, gli aggettivi, le similitudini e tutto quello che compone la prosa generano una serie di immagini che il lettore visualizza dentro di sè. Il primo problema, quello più facilmente individuabile, è che queste immagini cambiano a seconda del lettore. In ogni lettore vengono evocate delle immagini personali, proprie, dettate dal film che si sta facendo nella testa. Ecco perché a volte, quando vedi al cinema la versione filmica del tuo romanzo preferito ne rimani deluso. Perché non te lo immaginavi così.
Tu ora mi dirai: occhei ma tutto questo c’entra con il leggere, noi qui stavamo parlando di scrivere.
E no.
No perché nella mente dello scrittore la storia si genera nel medesimo modo. Il punto di partenza, le immagini evocative, valgono sia per chi scrive, sia per chi legge. Lo scrittore, che è il primo lettore di se stesso, utilizza quel tipo di richiamo visivo interiore per raccontare e raccontarsi la storia.
Le immagini evocative sono il punto di partenza, la guida e la “voce” dello scrittore mentre scrive.
Che male c’è a usarle?
Hai mai provato a guardare bene bene bene le immagini evocative che ti vengono in mentre pensi/scrivi una storia?
Ci hai fatto caso?
Ti lascio un paio di minuti. Chiudi gli occhi e pensa a “una notte buia e tempestosa”, pensa alla tua storia, al romanzo che stai leggendo, a quel che ti pare.
Guarda bene quelle immagini evocative…. Ecco.
Cazzo. Sono immagini in movimento.
Ecco il problema. La differenza abissale e sostanziale tra scrivere e scrivere fumetti. Per scrivere fumetti non basta imparare un banale linguaggio tecnico, bisogna pensare la storia in modo completamente diverso.
Perchè i fumetti non possono essere scritti attraverso delle immagini in movimento.
Non si lavora più su una serie di immagini in moto che evocano qualcosa nella mente di chi legge, bisogna lavorare su una singola immagine diretta, ferma, immobile, che va inserita in uno spazio preciso chiamato vignetta.
Lo sceneggiatore sceglie. Sceglie l’immagine migliore, l’inquadratura più adatta, la cosa più giusta da mettere in quella vignetta lì, in quel momento lì della storia.
L’insieme di tutte quelle vignette, giustapposte come diceva il Maestro, una accanto all’altra, creerà poi “l’immagine complessiva” della storia che si sta raccontando.
E’ un “macro” raccontato attraverso tanti “micro”. E’ un puzzle che si compone via via, per singoli elementi in relazione l’uno con l’altro.
La scrittura normale è un elefante. Questo elefante viene descritto nel suo insieme, intanto che si muove lentamente verso di noi.
Lo vedi tutto, lo vedi muoversi, attraverso la struttura per immagini dirette.
La scrittura in prosa è così:

La scrittura per fumetti invece, è così:

Lo scoglio più grande da affrontare quando si scrive un fumetto è raccontare una storia attraverso la parcellizzazione degli elementi narrativi per immagini fisse.
Diventa difficile quando, per abitudine, per logiche consolidate, la storia la si immagina in scene in movimento. In sequenze mentali simili a un film che viene proiettato sul grande schermo della propria immaginazione.
Bisogna quindi fare un passo indietro “tecnologico”. Lasciare a casa la cinepresa mentale e immaginare la storia come se fosse raccontata attraverso una serie di fotografie. O di singoli frame.
I frame fondamentali.

Eventuali domande, nei commenti. Grazie.
Se qualche domanda necessita di una risposta lunghissima, verrà trasformata in una lezione 1 bis.
Nota sulle mie risposte alle vostre domande:
Ripeto. Qui non stiamo facendo matematica. 2 più 2 può fare peperone. Per cui, ogni ipotesi sollevata nelle domande, tipo quella sul prologo fatta da Andrea, necessita di tempo e di analisi sul campo per una mia risposta.
Devo provare, sperimentare, studiare, che mica nasco con la scienza infusa!
La prossima lezione è il primo giovedì di Febbraio.
I compiti, questa volta, li faccio io.
Per quella data avrò letto e commentato tutti i vostri racconti.