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Diegozilla Super Birthday!

Fumetto

Fumetti, una vecchia mail (DSB 37 di 42)

31 luglio 2013 • By

Ciao!
Sono Cajelli, veniamo subito al nocciolo:
A me stanno sul cazzo gli sguardi densi di pregiudizio negativo con cui a volte, vengono guardati i fumetti “seriali” o di “genere”.
Però, adesso, tra le cose che credo di aver capito c’è un piccolo aspetto che mi ha fatto cambiare in parte il mio senso di fastidio, e riguarda prettamente la mia posizione spaziale nella stanza.
Sinceramente, nei riguardi di ciò che faccio, credo di avere la coscienza pulita al 90%.
Non mi interessa ciò che pensi tu di XXX io non sono lui, io non sono un “seriale Bonelli”, io sono un autore che scrive su un “seriale Bonelli” o su un “seriale Astorina” o eccetera ecceterone.
Adesso è una cosa nuova che mi fa incazzare.
E’ la differenza di sensibilità.
Il tuo sguardo (ma non solo il tuo, eh…) è molto più romantico verso alcune produzioni, e molto più spietato verso altre, soprattutto per quanto riguarda le analisi dei linguaggi.
Avere lo sguardo spietato è un diritto che difendo, ed è giustissimo averlo, ma…
Perché nessuno dice che il “seriale Bonelli” è una grammatica precisa, e perché nessuno osserva come quella grammatica venga coniugata in modi diversi?
Il seriale uccide i suoi autori?
Non credo, non credo proprio, così come non basta fare una Graphic Novel per diventare un’artista.
Che cosa manca?
Ne parlavo fitto fitto con XXX tornando da Napoli.
Manca qualcuno che faccia con il fumetto di genere ciò che ha fatto XXX per il fumetto d’autore.
Punto e a capo.

 


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Cinema, Tutto Il Resto

I miei 5 zombie preferiti! (DSB 35 di 42)

31 luglio 2013 • By
Questo articolo l’ho pubblicato, ma sono così fuso che non mi ricordo dove.

Smanazzato un po’ per questa edizione diegozilliana.

Sono un romeriano di ferro. Ho passato buona parte degli anni ottanta guardando il film “Zombi”,
“Dawn of the Dead”, ma a noi zombie-dipendenti piace chiamarlo: “quello del centro commerciale”. Alla fine, ho smagnetizzato la vhs a furia di rivederla.
In quel film i personaggi sono tanti, tantissimi. Comparse-scomparse senza battute perché gli basta ringhiare. C’è il piccolo Mike, il nipote di Tom Savini, il terrorizzante Bambino Zombie o Lee Cummings, lo Zombie Ciccione che rimbalza nella fontana.
Ho visto una vagonata di film sui morti viventi, ma dovendo stilare una classifica assoluta, preferisco concentrarmi unicamente sulla mia radice estetico/narrativa, quella degli zombie diretti da George Andrew Romero.

Quinto posto: Big Daddy.

Il più intelligente zombie del pianeta, interpretato da Eugene Clark in “Land of the Dead”. Fiero nella sua tenuta da benzinaio, immune al fascino dei fuochi artificiali. A metà tra un leader per i diritti civili e un rappresentate del sindacato dei morti. Una figura carismatica, per quanto in avanzato stato di decomposizione.

Poi c’è il grandissimo Bub.

Per il mio amico Alex Crippa è lo zio-zombie che non ha mai avuto, per me è un patriota. Mi saluta militarmente nella sua giaccona di flanella a scacchi. Un ruolo decisamente importante per Shermann Howard in “Day of Dead”.
Vi avviso, nonostante i suoi problemi a maneggiare un telefono, Bub è molto meno rincoglionito di quanto vi faccia credere.

Impossibile non citare Lenny Lies.

In “Zombie” è chiamato a recitare una parte fondamentale per il genere e per la storia degli effetti speciali. Interagisce con Tom Savini in persona. Lo conoscete tutti, è Machete Zombie. Quello a cui lo zio Savini apre in due la testa, quando la banda di predoni assalta il centro commerciale. Il trucco era così complesso, da dover essere messo in atto dal suo stesso creatore, Savini, attore/regista/effettista autentico mito del genere horror.
E’ il momento dei pezzi grossi.

Secondo posto: Lui, l’inimitabile Bill Hinzman.

Cemetery Dead.
Ovvero, il primo zombie che si vede in “La notte dei morti viventi”e nella cinematografia moderna a base di zombie. E’ un tipo ostinato, implacabile. Si cimenta per primo con l’andatura caracollante, diventando l’apripista di riferimento per una serie di morti viventi futuri.
Al vertice di questa classifica zombesca c’è il morto vivente che più di ogni altro è entrato nell’immaginario collettivo.

Michael Christopher Berhosky.

Veste i panni dello Zombie Hare Krishna in “Zombi”. Con i suoi occhialetti tondi e la sua tunica arancione è diventato un vero divo, e per forza di cose, trattandosi di zombie, è un divo del muto.