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Faccia di pane e il Bambino grigio (DSB 19 di 42)

31 luglio 2013 • By

Questa è una “favola”. L’ho scritta anni fa per un progetto mai andato in porto. Credo che Ottokin abbia ancora i disegni da qualche parte.
Nel testo che segue, le indicazioni per il disegnatore sono in corsivo.

Faccia di pane e il bambino grigio

Una mattina qualunque, il piccolo Gù si risvegliò scoprendosi grigio.
Cominciò a preoccuparsi davvero quando scoprì… che era grigio anche dentro e non soltanto di fuori.

fai vedere il piccolo Gù che si scoperchia la scatola cranica, guardando allo specchio il suo cervello interamente color cenere.

Gù che corre verso la mamma, impegnata a guardare una scatola vuota posata su un mobile, la scatola ha dentro dei colori che si muovono, una scatola magica che fa vedere delle macchie colorate di liquido, tipo i filmati psichedelici.
E’ l’equivalente della tele nel regno del re carota.
I colori saranno diversi ogni volta che la scatola viene inquadrata.

Gù: Mamma!… Aiuto! sono diventato tutto grigio!

Gù di fronte alla mamma, osserva imperterrita le luci nella scatola.
Magari i personaggi falli vedere da dietro.

Gù: …sono grigio, dentro, fuori e tutto intorno!

Mamma che si volta a guardare Gù
Mamma che si rivolta a guardare la scatola che emette colori.

Mamma: Fai schifo.

I due di fronte alla scatola, la madre guarda verso i colori, Gù verso di lei.

Gù: Ti prego mamma! Aiutami!…
Mamma: E io che cosa ci posso fare, sono solo tua madre.

Laterale, mamma fissa la scatola, Gù guarda anche lui, perplesso.

Mamma: Guarda anche tu la Colorante, ti farà bene.
Gù: Io non voglio guardarla!… Io rivoglio i miei colori!

Gù, decisamente triste.

Gù: Non mi piace più guardare la Colorante!

Mamma, un po’ alterata.

Mamma: Santo Cielo!…

Laterale, mamma che prende Gù per il bavero, e lo agita un po’.

Mamma: Pazzo! Pazzo scriteriato! miscredente bestemmiatore senza Dio!

Mamma dal basso, indica verso fuori campo.

Mamma: Corri da tuo padre! Informalo della tua eresia!…

Mamma che torna a guardare la scatola.

Mamma: Forse, è tutta colpa del grigio….Lui saprà che cosa fare…

Padre di Gù, lo vediamo con un cucchiaio in mano.
Ha sollevato il cucchiaio e lo sta usando come se fosse una lente di ingrandimento, e con questa “lente di ingrandimento cucchiaio” sta osservando verso il cielo.

Gù: Padre! Sono tutto grigio e mi fa schifo la Colorante!
Papà: Zitto Gù!… Ho comprato un nuovo Cucchiaio!

Gù che guarda verso un altro cucchiaio posato su un tavolo.

Gù: E quello vecchio?…Non andava più bene?

Padre e cucchiaio rivolto al cielo.

Papà: Questo è molto meglio…

Padre e cucchiaio, non ha ancora guardato suo figlio.

Padre: Con questo Cucchiaio posso nascondere meglio alla mia vista, le parti di cielo che non
voglio vedere quando guardo in alto…

Padre e cucchiaio, la batte sul tavolo.

Padre: Ha un suono migliore quando lo batto sul legno…

Padre e Cucchiaio, se lo porta al petto, come una rosa da infilare nell’asola della giacca.

Padre: Brilla come le stelle, quando lo appoggio sulla mia giacca!

Gù, in tutto il suo grigiore.

Gù: Ma padre! Un cucchiaio serve solo per mangiare la minestra!…Non per fare tutte queste cose!

Padre furente, alza la mano come per spaccare la faccia a Gù, che vediamo cercare di ripararsi dalle botte che sta per prendere, facendosi scudo con le braccia.

Padre: NO!…Distruttore di sogni! Questo Cucchiaio mi rende migliore e non sarai certo tu…

Padre che si ferma, Gù ancora in difesa.
Padre e Gù.

Padre: Che schifo! Sei diventato tutto grigio.
Gù: Anche di dentro.

Esterni, padre madre e Gù che camminano in paese, osservati male da tutti i passanti.

Conservando l’intento di murarlo in cantina, i due genitori decisero comunque, di portare il piccolo Gù dal luminare più saggio del loro paese , attendendo con ansia che Mastro Cazzuola abbassasse i suoi prezzi…

Farsi ricevere da un così alto notabile non fu impresa da nulla per delle persone semplici come loro, rimasero in attesa due giorni e due notti, davanti alla porta dell’autorevole paesano.

Piovve.

Tirò vento.

Caddero fichi.

Poi la porta si aprì, e l’usciere li condusse, in austero silenzio, al cospetto di chi, sicuramente, avrebbe dato loro il consiglio sperato…

Famigliola di spalle, vanno verso un tizio in canottiera e pantaloncini corti, seduto su una specie di trono.

Uscere: Mister! Ecco i popolani di cui vi ho parlato!
Padre: O sommo! O Pio e Giusto Mister!…Tribolazioni immense ci portano da voi!

Laterale, madre e padre si inginocchiano di fronte al Mister, Gù rimane in piedi.

Madre: Nostro figlio si svegliò tutto grigio!

Mister impassibile
Padre indica Gù.

Padre: Non ama più la Colorante!… e contesta il mio Cucchiaio!…

Mister impassibile
Madre indica Gù.

Madre: Non solo, ma ha anche cominciato a parlare stranamente!

Madre e Gù di fronte al Mister.

Madre: Fai sentire al Santo Mister!…Avanti, parla!…
Gù: Parlerò quando avrò qualcosa da dire!

Padre disperato.

Padre: ECCO! Vi rendete conto di quale follia alberga nel cuore di mio figlio?!

Madre e padre.

Padre: Che consiglio ci date?

Mister.

Mister: Effettivamente, capissi, che tendenzialmente…Superasse vertiginosamente che è o non è,
gradatamente però, Faccia di Pane, avesse lui il modo che risolva, sul filo di lana, del
badile, solitamente in montagna, che avvenne che piove e voi ci andasse.

Usciere.
Usciere: E ora FUORI!

Faccia Di Pane, il mago della montagna Corinzia, il signore e padrone di tutte le arti magiche, abitava sul picco più alto, di una roccia bagnata dalla nebbia perenne…

Dalla cima dell’eremo, ogni tanto, per motivi che sfuggono alla logica umana, decideva di elargire un suo dono prezioso…

Alzava l’anello al suo dito mignolo, e per magia…

…da qualche parte nel regno, lo sterco si trasformava in oro.
Quest’atto clemente lo rendeva immune da visite e disturbi, tanto che per arrivare al suo picco, non esisteva nemmeno un sentiero.

Gù, di fronte alla montagna.

Gù: Rivoglio i miei colori!… Non ho paura di affrontare la montagna!

Gù che sale.

Il piccolo Gù, deciso e indomito, cominciò a scalare le pendici del monte…

Gù che sale.

Piovve

Tirò vento

Caddero fichi.

Gù di fronte al rifugio di Faccia di Pane, il mago è fuori, aspetta Gù.

Ma alla fine arrivò alla cima del Picco, dove lo attendeva Faccia di Pane, il mago dei maghi.

Gù: Grande mago Faccia di Pane!… Mi hanno detto che tu puoi ridarmi i miei colori!

Faccia di Pane: Come ti chiami?

Gù: Gù!…

Faccia di Pane: E sei tutto grigio?

Gù: Sia dentro che fuori!

Faccia di Pane: E perché rivorresti i tuoi colori? Non ti piaci grigio?

Gù: No!… Non mi piaccio!

Gù: Da quando sono grigio sono sempre triste!… I miei genitori non mi amano più!
Non mi piacciono più le cose che mi piacevano prima e ho dei pensieri tremendi che non
avevo quando ero colorato!

Faccia di Pane: Che tipo di pensieri sono?

Gù: Brutti!

Faccia di Pane: Dimmi il più brutto!

Gù: Più cose imparerò, più segreti mi saranno svelati, più sarà difficile per me vivere felice.

Faccia di Pane: Perché?

Gù: Senza la percezione selettiva, il mio mondo è un incubo.

Gù: E io voglio essere sereno, come lo sono tutti gli altri!

Faccia: Sei sicuro?

Gù: Sicurissimo! Puoi farmi tornare normale?

Faccia di pane tira fuori una bottiglietta.

Faccia di pane: Bevi questa pozione!

Faccia di pane: Riappariranno i tuoi colori, torneranno a piacerti le cose che ti piacevano prima,
tutti i tuoi pensieri spariranno e sarai finalmente felice come lo sono tutti gli altri.

Gù che beve vicino a Faccia di Pane.

Faccia di Pane: Bevi, e dimenticherai tutto!

Gù in primo piano Grigio.

Gù in primo piano colorato.

Zoom indietro, Gù seduto felice accanto a suo Padre.

Zoom indietro, Gù felice seduto in mezzo tra sua madre e suo padre.

La famigliola intera, seduta di fronte alla Colorante.

E fu così, grazie alla magica pozione, che Gù torno a vivere felice e contento, per il resto della sua lunga vita.


Cinema, Fumetto, Racconti, Sceneggiature, Scrittura, Televisione, Tutto Il Resto

Nel frattempo, un cortometraggio!

17 giugno 2013 • By

Eccomi!
La vista recupera piuttosto bene, e sto tornando alla mia normale attività schermo-tastieristica.
Quella qui sopra è la locandina di un cortometraggio che ho scritto un po’ di tempo fa.
Parte tutto da una mia vera paranoia che mi prende quando guido di notte. L’immaginare di vedere un omino nudo giulivo che corre attraversando la strada al limitare dell’illuminazione dei miei fari.
Ne è uscito un corto di animazione davvero carino.
Eccolo qua:

http://youtu.be/AuUQFAu-Eg4

Finisco di sistemare i settaggi dell’occhio destro, e poi parto con aggiornamenti a nastro per farmi perdonare della mia assenza!


Altre serie e altri volumi!, Racconti, Scrittura

Una storia di sparare*!

13 novembre 2012 • By

(*Titolo usato per gentile concessione di Davide Gianfelice che ne detiene i diritti legali in Italia e all’estero)

Il grande Mario tira fuori dal cassetto un mio vecchio raccontino scritto in occasione di un incontro nella sua libreria!
Che lo sai come funziona. Agli incontri i disegnatori firmano i loro disegni e gli sceneggiatori se ne stanno lì con le mani in mano.
Avevo proposto a Mario di stampare il mio racconto su un agile cartoncino, dello stesso formato dei disegni omaggiati, e di regalarlo ai partecipanti.
Funzionò bene.
Il racconto è collocato nell’universo di Pulp Stories. Il protagonista è Robert Giusti, il sicario professionista che attraversa le pagine di quel mio volume.
Il racconto, inizia così:

LA PROVA DEL CUOCO
Robert Giusti entrò nel locale, non badando al forte odore di fritto che aleggiava nell’aria.
Le luci erano soffuse, lampade di carta coperte da ideogrammi creavano strane ombre sulle pareti, una decina di draghi in finta giada erano disposti qua e là su mensole di legno e una gigantesca tartaruga in ceramica salutava i clienti rimanendo accucciata vicino all’ingresso. Robert Giusti si sedette di fronte a Ramon Charriba, in un tavolo appartato del Wu Fi, il più squallido ristorante cinese di Venice beach. Charriba non era da solo, in piedi alle sue spalle, c’erano due colossi nervosi. Uno si chiamava Karl ed era ungherese, sudava moltissimo, forse per colpa del tessuto sintetico del completo blu che gli andava un po’ stretto, e per quel motivo, ogni tanto doveva sistemare la Sphinx Automatica in lega leggera che aveva nella fondina ascellare. L’altro gorilla era italiano, si chiamava Mario e dalla sua cintola si vedeva spuntare il calcio di una Colt Delta Elite Calibro 10. Charriba era tranquillo, con una simile potenza di fuoco alle sue spalle poteva mangiare il suo Maiale Gong Bao senza pensieri. Sorrise a Giusti ingollando un boccone, bevve un sorso di birra Tsingtao e notando il perdurare del silenzio di Giusti parlò per primo, con un marcato accento boliviano difficile da nascondere.

Per sapere come va avanti e come finisce, clicca qui e andiamo sul blog di Mario!
Poi, spero che presto ci dirà perchè secondo lui Long Wei potrebbe rivelarsi un caso editoriale, che ho la curiosità che galoppa.


Racconti, Televisione, X Factor

X Factor 4 - Decima puntata.

7 novembre 2010 • By

Buongiorno a tutti sono il signor Curti.
Evaristo Curti.
Diego, il mio vicino di casa, è in Turchia. Mi ha detto clicca qui, clicca la, e scrivi tu.
E’ la prima volta che scrivo con il computer, e non ho mica capito dove verranno pubblicate le cose che scrivo. Su un blog dice. Poi quando torna mi farò spiegare meglio che cos’è un blog.
Mi ha detto di raccontare di Anatolio, il mio cagnolino.
Anatolio è un cane più o meno grosso così, di taglia media insomma, e non ha una razza precisa.
E’ marroncino chiaro, abbaia quando sente arrivare l’ascensore e lo porto giù due o tre volte al giorno.
Anatolio credo abbia dieci anni. Io ce l’ho da dieci anni, ma siccome l’ho trovato a Maccugnaga quando era piccolo, ma non piccolo piccolo, forse aveva già qualche anno, per cui non sono sicuro dell’età che ha. Scusatemi ma non riesco a trovare il punto e virgola su questa tastiera qua. Io prima di andare in pensione lavoravo alla Mivar e usavo la macchina da scrivere che era più semplice.
In casa sono io che mi occupo di Anatolio, perché a mia moglie Rina i cani non ci piacciono.
Io lo porto a spasso, lo porto a pescare, e ci faccio tutte quelle cose che si fanno con i cani.
Ci bestemmio anche dietro quando non ubbidisce.
Anatolio è invecchiato, come invecchiano i cani di solito. Il pelo marrone è diventato grigio, è ingrassato un bel po’, e corre sempre meno. Negli ultimi tempi camminava a fatica, non abbaiava più e quando gli tiravo la palla la guardava e poi tossiva.
Poi un giorno si sdraia su un fianco e non si alza più.
Rina mi dice che il cane è morto.
Io non ci credo. Anche perché Anatolio respira ancora. Allora lo porto dal veterinario.
Il veterinario gli fa una lastra.
Mi dice che Anatolio, non si sa come e non si sa quando, ha mangiato la camera d’aria di una bicicletta.
Urca, dico io. Ecco perché non la trovavo più. Ero convintissimo che fosse nel box assieme a tutte le cose che tengo nel box, proprio vicino alla scatola con dentro le cose di quando ero bersagliere.
Ero bersagliere in bicicletta, e siccome sono uno ordinato, metto tutte le cose simili vicine. Così le ritrovo. Allora c’era la camera d’aria. Non mi sono rimbabito.
Il veterinario dice che si può operare, ma mi costerà duecento euri.
Mica si può dare un prezzo alla vita di un amico. Gli chiedo di non dirlo a mia moglie che poi si arrabbia.
Opera Anatolio e lo porto a casa. Gli hanno dato una purga, dico a Rina.
Anatolio dorme due giorni.
Mentre dorme succede qualcosa. La prima cosa che succede è che il pelo, un poco alla volta, torna ad essere marroncino chiaro. I peli grigi tornano del colore che Anatolio aveva prima.
Poi si alza. E inizia a scondinzolare, fare le feste, correre dietro alla palla.
Dimagrisce.
Un mese dopo, Anatolio è ringiovanito. Ma sul serio.
Sembra tornato il cucciolo che era dieci anni fa.
E’ grosso la metà di prima e ha un sacco di energie, tanto che faccio fatica a stargli dietro.
Io ci ho raccontato tutto a Diego. Gli ho detto del mio cane che ringiovanisce da quando gli hanno levato la camera d’aria dalla pancia.
Mi ha detto che era una bella storia e che se volevo potevo raccontarla sul suo blog.
Mi ha chiesto anche di guardare la puntata di X Factor.
Però mi sono addormentato subito.
Con Anatolio in braccio, che fa calduccio.


Racconti, Real Diegozilla, Tutto Il Resto

Le storie degli altri.

10 novembre 2009 • By

superscrive

Mi nutro di storie e i miei amici lo sanno. Per questo motivo, sono sempre felice quando mi vengono raccontati degli aneddoti. Ascolto e prendo nota.
Nel tempo ho raccolto una collezione storie altrui, ne metto qui un paio, preservando la privacy delle persone coinvolte.
(Per cui non chiedermi chi è chi, tanto non te lo dico)

La bambina prodigio.
Diversi anni fa, in un paese appena fuori Milano, una bambina divenne un’autentica celebrità.
La bimba aveva un paio d’anni e cantava benissimo in inglese senza aver mai studiato la lingua.
I suoi genitori organizzavano dei concerti in salotto e tutto sembrava andare per il meglio. Fino a quando, una non meglio identificata ragazza di città venne invitata ad assistere a una di queste esibizioni. Dopo un po’, la ragazza rivelò ai presenti che non si trattava affatto di inglese.
Era una lingua inventata di sana pianta dalla bambina canterina.
La piccola, oggi diventata grande, nutre ancora parecchio risentimento nei confronti della stronza che le ha rovinato la carriera di cantante.

Un brutto risveglio.
Agosto bollente milanese. Un mio amico poliziotto, riceve una chiamata. La situazione è questa: Sesto piano. Approfittando del caldo estivo, il Rottweiler della famiglia Brambilla è uscito sul balcone, ha saltato il divisorio ed è passato sul balcone attiguo della famiglia Ciccetti.
Poi è entrato nell’appartamento dei vicini, passando per la porta finestra lasciata aperta.
Il signor Ciccetti viene svegliato dal ticchettio di unghie canine sconosciute che zampettano per casa. Apre gli occhi e vede la sagoma del cane di Satana che ringhia sulla soglia della camera da letto. Al che si barrica dentro con la moglie e chiama la polizia.
E’ stato complicato risolvere la situazione.

Un pomeriggio al museo.
Numerosi testimoni asseriscono che durante una visita al Museo di Storia Naturale di Londra, la allora ragazza di un mio amico, di fronte a un magnifico cavallo impagliato nella sua teca disse pressappoco:
- Ma come hanno fatto a impagliarlo così?
- Così come?
- Mentre correva.

Ristoranti di un certo livello.
Un localaccio di quelli duri, con cameriera di mezza età, scortese, mastodontica e dai modi molto bruschi.
Al termine di un pranzo economico ma non memorabile, un mio amico chiede:
- Che cosa c’è per dolce?
- Lo zucchero.
Risponde la sciura.

On the road.
Dei giovini fumettisti partono per Lucca. Hanno trovato da dormire a Viareggio, e programmano il navigatore affinché li conduca laggiù.
Tra una chiacchiera e l’altra, un progetto e l’altro, una storia e l’altra, si accorgono di aver sbagliato a scrivere la destinazione finale quando arrivano a Viterbo.

Una questione di soprannomi.
Anni fa, nel mio giro di amicizie vacanzifere c’era un ragazzo che tutti chiamavano Miracolo.
Io pensavo che il suo pseudonimo fosse dovuto a una guarigione inspiegabile dalla scienza, o all’essere scampato a un pericolo mortale.
Dopo un po’ trovo il coraggio di chiedere a qualcuno del giro il motivo di quel soprannome.
Con orgoglio mi viene raccontato che: Tantissimi anni prima, si gioca una partita di calcio tra paesi rivali. La partita, tesissima e massacrante, sta per finire in pareggio. La rivalità è molto forte e un pari non può placare gli animi. Quel ragazzo, allora noto semplicemente come Carlo, gioca in porta.
Manca pochissimo alla fine. Carlo decide di uscire dai pali. Corre, arriva nell’area avversaria, conquista il pallone e segna il goal della vittoria.
Il parroco del paese, tifosissimo, inizia a correre urlando felice:
- Miracolo! Miracolooooo!
Da quel giorno in poi, Carlo non venne mai più chiamato con il suo nome di battesimo.

I Metallica!
(Ci vuole poco per capire chi è coinvolto, spero mi perdoni!)
Un mio amico è nel backstage dei Metallica e gli sta facendo un intervista. La cosa procede bene, sono tutti contenti.
Poi, a un certo punto i Metallica si muovono, dandosi pacche e caricandosi a vicenda.
Il mio amico li segue, massiccio, annuendo anche lui, fuck yeah!
All’ultimo momento si rende conto che sta per uscire sul palco assieme a loro.
Si lascia scappare un: Urca! e torna indietro di corsa.