Siamo i più fighi!

Dopo Pyongyang è il turno di Shenzhen.
Guy Delisle continua il suo viaggio nel selvaggio mondo dell’estremo oriente, e lo fa con lo sguardo del viaggiatore britannico dell’800 che aspetta il the delle cinque a Bangalore.
Well…Sì, sono educati, ma rimangono comunque degli adorabili selvaggi.
Occidente vince su Oriente per 2 a 0.
L’autoritratto che ne esce, in questo nuovo monologo, è ancora a senso unico, anche se a mio avviso questo volume è meno riuscito del primo.
La morale è che siamo noi i più fighi, evviva l’occidente.
Il nostro occidente, viene dipinto senza macchia e senza paura, senza ombre, reso ancora più brillante dal paragone con questo miliardo di sfigati del cazzo che parlano male l’inglese.
Per cui, basandomi sulla conoscenza delle lingue da parte dei controllori dell’ATM (per esempio) anche io vivo in Cina, la Milano/Cina dell’auduiudù ies teich de bas.
Sono buone le cose strane che mangio, ma accidenti, ci pensi… Quelli non hanno la libertà!
Libertà.
Gran bella parola. Proviamo a coniugarla.
Un cinese di Shenzhen, in una realtà parallela, ha la libertà di passeggiare per Milano in una via di negozi. Ha la libertà di vedere i Jeans che assembla lui, per 15 centesimi di euro al paio, rivenduti a 200 euro.
Coniughiamola questa libertà, ma coniughiamola davvero.
Mentre andavamo in Cina a fare affari, potevamo porre delle regole al governo.
Altrimenti è troppo facile, inneggiare alla mancanza di libertà, approfittando della sua assenza per fare miliardi con la manodopera cinese.
E’ questo il punto che più mi irrita. Se fosse il diario di viaggio di uno che, per i cazzi suoi, va in Cina, il suo punto di vista personale e critico in una sola direzione lo accetterei…
Ma Delisle va in Cina per lavoro.
Non ti piace come viene trattata le gente in quel paese?
Non lavorarci.
Lo sguardo vincente del viaggiatore occidentale vincente, nota le differenze, ma non le nota tutte e soprattutto non analizza di conseguenza quello che ha lasciato a casa.
Gli alberghi cinesi sono tutti uguali.
Più o meno uguali dei nostri Hilton o dei Jolly Hotel?
Comunque sia, i cinesi sono tutti inquadrati e rigidi, e seguendo lo stile aggiungo: gli svizzeri arrivano in orario e tutti gli italiani tenteranno di incularti.
Però si mangia bene.
Shenzhen è una lettura consigliata, impossibile subirla in modo passivo, e cosa rara, almeno nei fumetti, si finisce per pensare, discutere e magari (come nel mio caso) accapigliarsi su un qualcosa di reale.
Sul nostro pianeta, su cose vere.
Dopo aver letto Pyongyang mi sono chiesto: Chi ha deciso che è meglio essere gestiti dal marketing e non dall’ideologia, qualunque essa sia?
Dopo aver letto Shenzhen mi chiedo: Perché sono sempre tutti così strani quelli che vivono fuori dalla porta di casa mia

 

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