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Glade Discreet e l’amica in visita.

13 ottobre 2014 • By

[Repost post-vecchio. Tanto per gradire. Con modifiche rispetto all’originale del 2012]

Nella mia tele c’è questa storia qui: Una biondina ha comprato una casa nuova. Allora invita la sua amica mora per gioire assieme della neo felicità immobiliare.
La biondina, si vede, è una che ci tiene da matti a certe cose. Infatti casa sua non l’ha mica arredata da Katia Arredamenti e non ha chiamato l’impresa Cuccurullo per fare i lavori di ristrutturazione. (Con tutto il rispetto per le imprese Cuccurullo, sia chiaro) La tipa ha preteso lo stesso architetto della Base Lunare Alpha. L’architettissimo ha trasformato l’appartamento della bionda nel tempio della figaggine minimal. Nella camera da letto c’è il comandante Koenig che la aspetta in mutande, ma per ora non importa.
Tu entri in casa della bionda e rimani abbagliato dal candore delle pareti, e da quel gusto minimale glaciale.
La bruna lo sa che la sua amica ci tiene da matti a queste cose qui.

La bruna di lavoro fa la manutenzione nelle celle frigorifere, si sente a suo agio nel gelo e nei vasti spazi minimali.
Fa un sacco di complimenti alla bionda, mentre dall’ingresso modello “SPA di Soho” passano al salotto. Prima che la tipa comprasse quella casa, il salotto era occupato da una fabbrica di materassi.
Ci lavoravano in totale otto operai, tutti assunti in regola. Poi il proprietario si è rovinato con una scriteriata scommessa a Burraco. La bionda ha comprato tutto. Qualcuno dice con l’intermediazione di Paola Marella, ma non si sa con certezza. Bisognerebbe chiedere alla Finanza.

Fatto sta che adesso c’è questo salotto di centodieci metri quadrati, occupati da una libreria didddessaìn, delle poltroncine didddessaìn, un divano in pelle di Unicorno, un tavolino per giocare con gli scacchi vulcaniani e una pianta transgenica. Sullo sfondo, c’è la scala che conduce da Koenig in mutande. L’ampia finestra invece, si affaccia sulla felicità.
La bionda, è una che ci tiene. Ormai l’hanno capito anche i sassi.

Le regole del bon ton impongono, quando si va a trovare un’amica nella casa nuova, di portare un regalino.
La bruna, esibendosi in una perfetta imitazione di Beavis (ma senza Butt-Head) apre la borsa.
Che cosa tirerà mai fuori?
Quale sarà il misterioso regalo per la biondina che ci tiene?
E’ un vero cliffhanger. Rimango con il fiato sospeso per una manciata di secondi. Spero che estragga una scultura didddessaìn che stia benissimo nel salotto didddessaìn.
Pronti.
Ecco.
Arriva il regalo!

Un deodorante per ambienti.
Per cui, ergo, il salotto sarà anche di centodieci metri quadri, ma puzza di broccoli e calzini umidi.
Il deodorante non funziona da solo, non è mica uno di quelli dozzinali. E’ un deodorante didddessaìn che per funzionare ha bisogno di elettricità.
Perchè consumare corrente è di moda.

Meno male che l’architetto di Spazio 1999 ha predisposto una comoda presa.
Dove?
Proprio sotto il televisore. E dove sennò? Ti pare?
Tra l’altro, l’illiuminato architetto ha disposto affinchè il deodorante, la presa, la parete e il televisore assumessero una prospettiva impossibile. In omaggio a Esher.

A questo punto la bionda, che è una che ci tiene, che cosa fa?
Stende a terra un telone di plastica, prende una motosega e fa a pezzi la sua amica?
Ovviamente no.
In questa storia la bionda annusa il profumo nell’aere e simula l’orgasmo.
Koenig, dal piano di sopra, si lascia scappare un:
- Lo sapevo, mi hai sempre mentito!

Con uno zoom all’indietro, vediamo che l’architettissimo Ivo Shandor ha dato istruzioni molto precise in merito al posizionamento delle prese elettriche.
Vanno messe tutte ad un metro da terra. Possibilmente nel punto più visibile. Così non devi chinarti per usufruirne e se hai mal di schiena è la soluzione ideale.
Chi non metterebbe una bella presa sotto al televisore al plasmon, in mezzo alle palle, nel centro esatto di una parete di una casa didddessaìn?

La bruna, soddisfatta, fa notare alla sua amica che grazie a Glèd Discrìt gli amanti del dessaìn non puzzeranno più come dei caimani sguaiati che si arrotano nella monnezza.
Fa anche una serie di battute da caserma, che qui ometto, ma che la bionda apprezza moltissimo.

E insieme, ebbre dei dolci profumi emanati dal deodorante più figo dell’universo, grazie alla presa che altrimenti sarebbe soltanto una presa elettrica senza senso e in mezzo alle palle, le due passano il resto del pomeriggio a chiacchierare.
Nel salotto, se gridi, senti l’eco. Questo andava detto.
Così come va detto che se ci fosse una papera non si sentirebbe l’eco del suo quack, dato che il simpatico palmipede è immune agli affetti di rifrazione sonora.
Sicuramente i creativi di questo spot erano a conoscenza di questo particolare, infatti non hanno messo nemmeno una papera. Peccato.


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Quattro tizie da scopare.

29 agosto 2011 • By

Io ero rimasto alla vecchia concezione della pubblicità. Alla tranquillizzante usanza di fare pompolotti ai coni gelato, ai pennelli di bravaGiovannabrava, e alle tizie in bikini che maneggiano Kalashnikov al ralenty.
Oggi la tivvù mi ha costretto ad un balzo evolutivo/comunicativo verso una nuova frontiera della pubblicità.
La metafora carpiata avvitata, ribaltata.

Ci sono quattro tizie, che rappresentano lo sporco sul mio pavimento. Due hanno le voci delle doppiatrici di Carrie e Samantha di Sex and The City. Le altre stanno zitte.
Lo sporco che però è fashion, che però è sexy, che però e femmina. Che però se la mena.
Non ci sono i soliti mostri nemici dell’igiene che costruiscono metropoli nel mio cesso.
No, ci sono quattro tipe vestite di grigio e marrone, piene di polvere. Vanno a spasso sul mio pavimento, come se fossero sulla quinta strada.
Invece stanno raschiando il fondo. Del mio pavimento. Ma in effetti non lo stanno raschiando loro.

Simboli, metafore, forme retoriche e linguaggi fanno un rave illegale nel mio cervello. Rimango bloccato come un coniglio abbagliato dal laser di Predator.
Chi sono quelle quattro? Che cosa rappresentano esattamente? Oh, Copy mio! Non vorrai dirmi che hai fatto un ardito collegamento: polvere, femminile, con femmine-polvere?
Ma allora che cosa sono quellellì?
Quattro luride?
Quattro zozze?
Le polverine?
Non lo so, spero di capirlo prima o poi.
Le quattro polverette, gnaulano un po’ tra loro, poi arriva la scopa di Polifemo e le scopa via.
Le lancia nelle fughe tra le piastrelle.
Al che, i miei amici tamarri del Bar Pizzuto mi dicono:
- Ah, quattro fighe tra le fughe!
Sorvolo.

Però a loro non piace essere scopate. Non piace per niente. Carrie si arrabbia, cadendo dice la sua, come se fosse stata spinta giù dai trampoli di Manolo Blanhik.
Invece no, semplicemente, non ha gradito l’essere scopata. Via.
Che messa così suona male lo so, ma dimmi tu che cosa suona bene in questo spot e ti offro da bere.

Poi, finalmente, con loro grande gioia arriva il panno Swiffer
Colossale, come le tre lune all’alba sul Pianeta Deneva 9.
E’ lo Swiffer del destino, lo Swiffer degli Dei che arriva verso di loro. Un soffice tsunami che le sta per investire.
Loro lo amano.
La scopa no. Lo swifferissimo invece sì.

Per cui, lo sporco-donna, ama il pulente Dio che le preleverà dal pavimento per portarle chissà dove.
E loro lo adorano proprio. Cedono al suo potere attrattivo e lo abbracciano felici.
Quella con la voce di Samantha finge l’orgasmo.
Ma tanto lo Swiffer ci casca e andrà in giro a vantarsene, soprattuto con il Mocio, suo acerrimo rivale.

Forse c’è un fine umorismo che fatico a comprendere.
Oppure è una roba fetish, che non frequentando l’ambiente non riesco a capire.
Di sicuro, mi era molto più chiaro dove si andava a parare agitando il Togo.

 


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Perdono…Peehhrdonooo!

5 ottobre 2005 • By

I viscidi odontodeformi del 892 mi stanno sullo scroto senza appello, ma…
Ma i due bestiolini rossi a forma di 88 sono bellissimi!
Perdonatemi, ma ho perso il mio tempo andando avanti un po’ per conto mio con la loro canzone….

Non c’è biliardo
senza filotto
Non c’è costina
senza cosciotto
Non c’è Bud Spencer
senza cazzotto

Non c’è Cajelli
senza un complotto!

Non c’è sciarpa
senza cappotto
Non c’è stereo
senza spinotto
Non c’è P
senza trentotto

Non c’è Cajelli
senza sparo col botto!

Non c’è Torino
senza Lingotto
Non c’è Gianni
senza Pinotto
Non c’è ferita
senza cerotto

Non c’è Cajelli
senza panciotto!

e via così
all’infinito…